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Del 19-02-2021

I CEO DELLE STARTUP DI G-FACTOR SI RACCONTANO: VALENTINA GARONZI DI DIAMANTE

Valentina Garonzi è la CEO di Diamante, una startup del settore medtech che sviluppa nanomateriali biotech con applicazioni diagnostiche e terapeutiche attraverso virus vegetali e la loro naturale capacità di replicazione nelle piante. L'abbiamo intervistata nell'ambito del format #InostriCEOsiraccontano, attraverso il quale i CEO delle startup che sono state accelerate da G-Factor ci spiegano quali sono stati i primi passi, gli insuccessi e i traguardi nella loro vita di imprenditori.

Chi è Valentina Garonzi? 
Mi chiamo Valentina Garonzi, ho 29 anni e vivo a Verona. Sono nata e cresciuta in mezzo alla natura, adoro la montagna, mi piace viaggiare e sono appassionata di lettura. Fin da piccola sognavo un lavoro in una grande realtà multinazionale, una carriera in tailleur e tacco 12. Ecco, non è andata proprio così, ma la vita riserva sempre molte sorprese.

Mi sono laureata in Economia aziendale nel 2013, lavorando come cameriera in una pizzeria e diventando presidentessa di un’associazione di giovani innovatori nel veronese. Quest’ultimo è stato il primo vero punto di contatto con il mondo delle startup. Ho proseguito gli studi con una laurea magistrale in Economia e legislazione d’impresa nel 2015 e successivamente un master in Management presso il MIP-Politecnico di Milano.

Da una parte adoro l’economia, sono sempre stata affascinata dai numeri e da tutto ciò che con essi si può rappresentare, dal loro essere ordinati e dalla sensazione di “sicurezza” che da questi traspare. Dall’altra, amo l’innovazione e tutto ciò che sembra “fuori dagli schemi”, insolito, unico, o almeno lo è in apparenza. 

 

Perché hai deciso di fondare Diamante?
Sono molto curiosa e questa caratteristica mi ha cambiato la vita! Essere curiosi significa guardare il mondo attraverso la lente di ciò che è possibile, non solo di ciò che è. Significa vedere il mondo da una prospettiva diversa. Significa sbloccare il freno della paura e considerare nuove esperienze e sfide per se stessi. Questo mix di ingredienti mi ha portato a vedere una nuova opportunità: da una richiesta di supporto per la scrittura di un business plan, è nato un team e un nuovo progetto imprenditoriale. Così sono entrata in contatto con quelle che oggi sono le mie colleghe founder: loro, ricercatrici in biotecnologia con un’idea, io economista per studi, in cerca di una nuova sfida. Fresca di laurea ho deciso di mettermi in gioco e abbiamo fondato Diamante. Era il 9 maggio 2016, ricordo ancora l’emozione della firma dal notaio. 

 

Quali sono stati i tuoi più grandi traguardi e le tue più grandi sconfitte? Come descriveresti la tua esperienza di imprenditrice e quali consigli daresti a chi sta iniziando?
Perché fondare una startup? Per passione, per entusiasmo, per fiducia nei compagni di viaggio. Lavorare nel mondo delle startup è una sfida quotidiana, si corre a un ritmo accelerato ma si cresce altrettanto velocemente. Ogni mattina ci si alza per camminare verso nuovi traguardi, in direzione dei propri obiettivi nonostante le insicurezze, i dubbi e gli immancabili imprevisti. Si cade, ci si perde e si esauriscono le forze, come quando il progetto a cui credevi tanto non viene selezionato o l’ennesimo investitore ti dice che non sarai mai sufficientemente pronto.

Ma ci si rialza, sfidando se stessi, i propri limiti e le inevitabili paure. Rischiando. Alimentando di passione i propri sogni, con lo sguardo sempre volto verso nuove strade da percorrere, piuttosto che alla ricerca di scuse per compatirsi. Ed è proprio lì che arrivano i piccoli successi: un grant europeo per finanziare la ricerca, un nuovo investitore, un potenziale partner.

Fondare una startup è come correre una maratona. Servono allenamento, dedizione e passione, ma è necessaria anche la forza di essere presenti quando il gioco si fa duro. Lungo il percorso si vivono molti momenti poco gratificanti, si commettono errori, si rimane intrappolati nella sfiducia. Sono occasioni importanti per imparare a lottare e per comprendere che in fondo, sbagliare non è poi così terribile. Solo con questa esperienza si può capire davvero se stessi e acquisire consapevolezza delle proprie capacità. Occorrono coraggio, curiosità, passione e anche una discreta dose di follia!