Gianluigi Meneghini è il CEO di Lighthouse Biotech, una startup del settore medtech che ha partecipato alla call Life Sciences Innovation 2020 di G-Factor. Lighthouse Biotech ha creato un dispositivo per la biopsia liquida, che isola cellule tumorali singole e vitali da un prelievo di sangue, grazie a un innovativo metodo basato sul metabolismo cellulare.
Chi è Gianluigi Meneghini?
Posso descrivermi con cinque parole: euforia, avanguardia, adattabilità, esperienza, team.
Euforia: ho deciso di avviare la mia prima startup nell’82: era il giorno in cui l’Italia di Pablito, vinse i campionati mondiali di calcio in Spagna. Sentivo un forte bisogno d'indipendenza nel trovare e gestire nuove soluzioni. Euforia, da allora, è la mia compagna di viaggio.
Avanguardia: spinto allo sviluppo di soluzioni innovative, sempre sul filo del rasoio dell’innovazione più ardita, dove pochi riescono a muoversi e pochi trovano soluzioni. Adattabilità. Sono riuscito a far rinascere progetti che stentavano a svilupparsi, in settori come quello fotografico, rimodulando a seconda delle necessità le strategie d’azione: cambiare il target di mercato dall’automazione alla diagnostica, scoprire nuove tecniche dominanti come l’ottica adattiva, riorganizzare imprese già strutturate e adattarne altre ai bisogni di mercato. Adattabilità è la risposta, sempre!
Esperienza: Management control, organization, strategy, listening, marketing sono le armi, che ho affilato nel corso degli anni per riuscire a proporre nuove sfide. Essere giovani non basta, serve molta esperienza.
Team. La costruzione, la crescita, la coesione del gruppo di lavoro devono essere una priorità assoluta per lo sviluppo di una startup. Senza dimenticare che occorre avere molta passione per il proprio lavoro.
Perché hai deciso di fondare Lighthouse Biotech?
Lighthouse Biotech ha rappresentato per me una sfida in un settore molto coinvolgente, riuscendo ad avere un impatto concreto sulla vita delle persone. Un team di ragazzi brillanti, con competenze multidisciplinari, mi ha motivato ad intraprendere questa nuova avventura nel momento giusto: per quanto difficile potesse sembrare, era arrivato per me il tempo di rischiare di nuovo.
Quali sono stati i tuoi più grandi traguardi e le tue più grandi sconfitte?
In questo percorso imprenditoriale riconosco di aver raggiunto tanti traguardi: aver realizzato strumenti innovativi di grande successo in campi diversi, aver contribuito a creare team eccellenti, aver portato a compimento ogni progetto avviato.
Ritengo invece necessarie e utili le sconfitte: il dover scendere a patti con la realtà rinunciando a un’idea molto più grande o l’essere costretti a cambiare repentinamente direzione per vari motivi. Spesso in seguito a queste sconfitte ho preferito ripartire da zero, trasformando il problema in un’opportunità.
Come descriveresti la tua esperienza di imprenditore finora e quali consigli daresti a chi sta iniziando?
Questa esperienza è stata per me molto intensa. Ora sono ben consapevole che essere imprenditore è allo stesso tempo sfidante, appagante, difficile e mai noioso. È un’attività di cui andare orgogliosi e allo stesso tempo una malattia. Un modo per creare ricchezza e al contempo un’attività straordinaria, anche se la ricchezza non sembra arrivare.
Il consiglio principale è di unire la passione all’umiltà, cercando prima di tutto di capire quali siano i bisogni delle persone e poi in che modo poterli soddisfare, anche nel lungo periodo.
Inoltre, suggerisco di far tesoro del capitale umano che ruota intorno a ogni startup e di impostare il lavoro in team di valore e di qualità.